Con sentenza del 16 febbraio 2016 il giudice del merito di Cagliari ha affermato il principio secondo il quale interrompere una relazione sentimentale prima di convolare a nozze, a causa di incompatibilità caratteriali che ingenerano continui litigi e di continue ingerenze dei futuri suoceri nella vita della coppia, non dà luogo al risarcimento dei danni causati all’altra parte per le spese affrontate e le obbligazioni contratte in vista del futuro matrimonio.
di Katia Mascia - Avvocato in Benevento
Il Tribunale di Cagliari, con la sentenza 16 febbraio 2016, n. 487 si è pronunciato sul caso di una donna che aveva citato in giudizio l’uomo con il quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale durata circa sette anni, ed era intercorsa una vicendevole promessa di sposarsi.
L’ufficiale dello stato civile dei comuni di origine dei nubendi aveva provveduto ad effettuare le pubblicazioni del matrimonio.
La donna faceva presente che l’uomo, durante il rapporto sentimentale, aveva tenuto un comportamento tale da ingenerare in lei l’affidamento sulla conclusione del matrimonio, tanto che si era provveduto a fissare la data delle nozze e ad effettuare una serie di acquisti in vista del futuro evento. Affermava anche di aver sperimentato con il fidanzato un periodo di convivenza in un immobile messo a disposizione dalla madre del futuro sposo ma che, tuttavia, circa un mese prima della data fissata per la celebrazione del matrimonio, l’uomo aveva immotivatamente rifiutato di sposarsi, l’aveva percossa e minacciata e aveva invitato telefonicamente i genitori di lei a portarla via.
La donna adiva le vie legali al fine di ottenere, dall’uomo, un risarcimento dei danni causati per le spese affrontate e le obbligazioni contratte in vista del futuro matrimonio, mai avvenuto.
Il nubendo si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda attorea.
L’uomo giustificava il suo rifiuto di eseguire la promessa di matrimonio e, dunque, di convolare a nozze, con l’esistenza - tra i due promessi sposi - di una incompatibilità di carattere affiorata durante il breve periodo di convivenza pre- matrimoniale e a causa di un comportamento invadente dei genitori della sposa, sempre presenti in casa e avvezzi a comportamenti insolenti nei confronti dei suoi amici che frequentavano l’abitazione.
Pronunciandosi sulla questione rigettando la domanda della donna e condannandola anche a rifondere, in favore dell’uomo, le spese processuali, il Tribunale di Cagliari affermava, infatti, che, secondo quanto disposto dall’art. 81 c.c., la promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente a risarcire il danno causato all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa, entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti, qualora egli ricusi di eseguirla senza giusto motivo.
La norma dell’art. 81 c.c., quindi, non mira a risarcire i danni conseguenti al mancato adempimento della promessa, bensì a reintegrare il patrimonio del fidanzato incolpevole delle diminuzioni che abbia subito o stia per subire, per erogazione di somme od impegno di spese, effettuati a causa della promessa non mantenuta. In questo modo, quindi, la ratio della disposizione normativa è quella di operare un contemperamento di due opposte esigenze, ossia quella della libertà del consenso del promittente e quella dell’affidamento incolpevole del nubendo che, in presenza di una promessa scambiata, abbia subìto conseguenze patrimoniali negative dalla preparazione del matrimonio, non avvenuto.
Orbene, nella fattispecie in esame, pur essendo stato documentalmente dimostrato che le parti avevano deciso di contrarre matrimonio, provvedendo alle pubblicazioni, era stato altresì provato dall’uomo che la rottura del fidanzamento non era avvenuta senza giusto motivo, essendo, invece, frutto di una decisione concorde delle parti, sia pure indotta da un aspro litigio avvenuto a circa un mese dalla data fissata per la celebrazione del matrimonio.
Per il Tribunale sardo a rilevare non è tanto il fatto che i futuri suoceri fossero costantemente presenti nell’abitazione delle parti, all’epoca conviventi, come lamentato dal convenuto, quanto piuttosto il fatto che tale circostanza, unitamente al comportamento scortese e indisponente manifestato dall’attrice nei confronti dei familiari del futuro marito, fosse diventata per la coppia motivo di aspri litigi, rendendo la convivenza intollerabile.
Infatti, interrogate le sorelle e il padre del nubendo era emerso che l’attrice era solita avere degli atteggiamenti alquanto indisponenti e provocatori nei confronti della futura suocera e delle di lei sorelle e che, effettivamente, i genitori della sposa erano sempre presenti nell’abitazione della coppia.
Dalle versioni offerte dai testimoni delle due parti non erano emerse contraddizioni. Il padre dell’attrice aveva sostenuto che effettivamente il genero aveva affermato di non volersi più sposare mentre le sorelle del convenuto avevano ribadito che questi, nel periodo successivo alla rottura, aveva tentato di chiarire la situazione con la sua fidanzata ma ciò era risultato impossibile per l’atteggiamento oppositivo e di chiusura della stessa rispetto a qualsiasi dialogo.
Pertanto, ad avviso del giudicante, pur se il convenuto avesse manifestato, dopo il conclusivo litigio, di non voler più convolare a nozze con la sua fidanzata, doveva evidenziarsi come fosse stata la stessa attrice ad interrompere il rapporto con il suo comportamento di rifiuto di un confronto. Il giudice di primo grado, inoltre, in assenza di prove documentate e in base a ragionamenti logici non riteneva attendibile l’accusa che la donna aveva mosso al futuro marito di averla percossa e minacciata.
Il giudice del merito si richiama a delle pronunce della Suprema Corte ad avviso della quale, essendo la scelta di non contrarre matrimonio un atto di libertà incoercibile, colui il quale receda ingiustificatamente dalla promessa di matrimonio può andare incontro alla speciale responsabilità di cui all'art. 81 c.c., consistente nell'obbligazione di rimborsare l'importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio, ma non alla generale responsabilità aquiliana ai sensi art. 2043 c.c., e, ancor meno, all'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale. Inoltre, sempre ad avviso dei supremi giudici della legittimità, posto che l'esercizio del diritto di recedere dalla promessa di matrimonio non costituisce illecito extracontrattuale - essendo espressione della fondamentale libertà matrimoniale - né responsabilità contrattuale o precontrattuale, poiché la promessa di matrimonio non è un contratto e neppure crea un vincolo giuridico tra le parti, la responsabilità da inadempimento della promessa di matrimonio si configura come una speciale obbligazione ex lege, collegata cioè direttamente dalla legge alla rottura del fidanzamento in assenza di un giusto motivo, incombendo sul recedente, per liberarsi da responsabilità, l'onere di dimostrare la sussistenza del giustificato motivo.
Ad avviso del giudice sardo, nella fattispecie in esame - avendo il convenuto dimostrato il fatto costitutivo negativo della pretesa dell’attrice - la domanda proposta dalla donna non merita accoglimento e deve essere, pertanto, rigettata, essendo emerso che la rottura della promessa di matrimonio è stata causata da una intollerabilità della convivenza intrapresa dai nubendi prima di convolare a nozze e, quindi, in presenza di un giusto motivo.
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