Incidente stradale: il comune risponde dei danni provocati dagli animali randagi

19 maggio 2016

Anche nei casi in cui la pertinente normativa regionale in tema di randagismo attribuisce ai servizi veterinari delle ASL il compito di catturare cani e gatti randagi, la giurisprudenza ritiene ormai che, alla luce del ruolo primario spettante ai comuni nel quadro dell'attività di prevenzione di tale fenomeno, sia consentito addossare agli enti locali, ove vengano meno agli obblighi loro imposti dalla normativa di settore e dai principi generali che governano l'agire dell'amministrazione, la responsabilità per i danni provocati dagli animali vaganti. Ciò vale, a maggior ragione, quando il legislatore regionale, come avviene in Sicilia, individua proprio nei comuni i soggetti obbligati al recupero degli animali randagi.
di Alessandro Palmieri - Professore associato di Diritto privato comparato nell'Università degli Studi di Siena
Non è certo scarna la casistica in tema di responsabilità per i pregiudizi cagionati da animali randagi, cui si addebita di aver addentato o aggredito persone o altri animali ovvero di aver provocato, per via del loro atteggiamento minaccioso o della loro repentina apparizione, un infortunio -talvolta letale- per gli utenti della strada.

Né è mancata, sotto quest'ultimo aspetto, una controversia originata dai danni subiti da autoveicolo per effetto dalla collisione con un cane randagio introdottosi in un tratto autostradale privo di recinzione (fattispecie esaminata da Giud. pace Latisana, 25 marzo 2014, che ha affermato la responsabilità ex art. 2051 c.c. del gestore che non riesca a fornire la prova del caso fortuito). Più in generale, si può notare come i giudici, sia di merito che di legittimità, investiti delle richieste risarcitorie dei danneggiati, siano stati chiamati a sviscerare diverse problematiche, tra le quali spiccano l'individuazione del soggetto passivamente legittimato e la valutazione dell'eventuale incidenza delle condizioni personali del soggetto che ha riportato lesioni o ha trovato la morte, nonché del suo contegno in occasione del sinistro.

Per quanto riguarda il primo degli aspetti poc'anzi messi in luce, è inevitabile prendere le mosse dall'articolata normativa settoriale. In questo ambito si registra una pluralità di livelli di intervento: alla legge quadro statale in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (L. 14 agosto 1991, n. 281) si affiancano le singole leggi regionali. La citata legge quadro, oltre a definire i compiti delle regioni, assegna un ruolo importante nella gestione e prevenzione del fenomeno del randagismo ai comuni e ai servizi veterinari del Aziende Sanitarie Locali. I relativi compiti, in parte delineati dal legislatore statale, sono variamente specificati dai legislatori regionali. La logica della prevenzione, tuttavia, non rende legittimi i provvedimenti finalizzati a precludere la somministrazione di cibo agli animali randagi (T.A.R. Marche, Sez. I, 23 novembre 2012, n. 753; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 22 marzo 2012, n. 525).

In giurisprudenza, allorquando si sono vagliate vicende assoggettate ratione loci a discipline che assegnano ai servizi veterinari delle ASL il recupero degli animali vaganti, facendo leva sull'ulteriore circostanza che queste ultime, dopo la riforma del 1992, non sono più costituite come organi d'ufficio del comune, si è più volte sostenuto che il soggetto tenuto a rispondere andrebbe identificato soltanto con la ASL territorialmente competente (così Cass. Civ., Sez. III, 7 dicembre 2005, n. 27001, con riferimento ai danni subiti da una bambina, caduta mentre correva per fuggire da alcuni cani randagi; Cass. Civ., Sez. III, 3 aprile 2009, n. 8137, con riferimento ai danni subiti da un ragazzo a seguito del morso di un cane randagio, avvenuto in una strada urbana; nonché, più di recente, Trib. Torre Annunziata-Torre del Greco, 18 luglio 2014). Si era, peraltro, già da tempo prospettata la possibilità che alla responsabilità delle ASL si affiancasse una responsabilità concorrente del comune, valorizzando a tal fine le peculiare posizione del sindaco che, attraverso al sua attività di vigilanza, fa sì che l'ente locale definisca tanto le linee di indirizzo del controllo del randagismo, nell'ambito della programmazione regionale, quanto la verifica dell'andamento generale dell'attività delle Asl (Cass. Civ., Sez. III, 20 luglio 2002, n. 10638, in una fattispecie caratterizzata dall'aggressione di una persona da parte di una torma di cani randagi).

In una fase successiva il sorgere dell'obbligo risarcitorio in capo al comune è stato riaffermato su altre basi. Il Supremo Collegio ha puntato sulle norme che impongono ai comuni di assumere provvedimenti per evitare che gli animali randagi arrechino disturbo alle persone nelle vie cittadine (Cass. Civ., Sez. III, 28 aprile 2010, n. 10190, allorché la violazione è stata ritenuta ancor più grave, in quanto da parte della cittadinanza vi erano state diverse segnalazioni della presenza dell'animale randagio; Cass. Civ., Sez. III, 23 agosto 2011, n. 17528; Cass. Civ., Sez. III, 12 febbraio 2015, n. 2741). Guardando anche ai profili di merito, nelle motivazioni delle ultime sentenze della Cassazione si rinviene una compiuta spiegazione teorica, ancorata a principi di ordine generale, della responsabilità del comune. Si è, infatti, sottolineato come, in presenza di obblighi normativi, la discrezionalità amministrativa si arresta e non può essere invocata per giustificare le scelte operate nel peculiare settore in esame, evidenziando altresì che il modello di condotta cui la p.a. è tenuta postula l'osservanza di un comportamento informato a diligenza particolarmente qualificata, specificamente in relazione all'impiego delle misure e degli accorgimenti idonei ai fini del relativo assolvimento. Del resto, siffatto comportamento è richiesto già in base all'obbligo di buona fede o correttezza, quale generale principio di solidarietà sociale -applicabile anche nell'area della responsabilità extracontrattuale- in base al quale il soggetto deve mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi.

Come si anticipava, ci si è anche chiesti se la responsabilità dell'amministrazione in casi del genere possa essere esclusa per via della situazione in cui versa il danneggiato o della sua condotta; e se tali fattori potessero almeno alleviare il fardello risarcitorio. Al riguardo, consta una decisione di merito che, nel respingere la domanda proposta da una donna contro il comune per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'aggressione di un cane randagio, aveva focalizzato l'attenzione sulla circostanza che la vittima, quasi novantenne, era caduta rompendosi il femore solo per il timore di venire aggredita (App. Napoli, 5 settembre 2005). Il verdetto è stato però ribaltato dalla Suprema Corte che, dal canto proprio, muovendo dalla premessa che anche le persone anziane hanno diritto a circolare lungo le strade comunali senza essere esposte alle situazioni di pericolo (come quelle connesse al randagismo) che l'ente pubblico è espressamente obbligato a prevenire, ha rimarcato come l'eventuale debolezza o lo scarso controllo dei propri movimenti da parte della vittima non valgano di per sé a escludere il nesso causale fra l'illecito e il danno, salvo che si dimostri che dette condizioni fossero di tale gravità da potersi considerare sufficienti da sole a produrre l'evento (così la menzionata Cass. Civ., Sez. III, 28 aprile 2010, n. 10190).

Mette conto di segnalare un'altra vicenda, caratterizzata dal fatto che un pedone, caduto mentre percorreva un marciapiede, imputava le lesioni così riportate all'operare congiunto di due cause: l'andatura sostenuta, a sua volta determinata dalla volontà di sfuggire ad alcuni cani randagi, e l'irregolarità della superficie. Orbene, la Cassazione ha ritenuto corretta l'affermazione del giudice di merito, secondo cui sarebbe stato onere dell'attore dimostrare che in concreto i cani in cui si era imbattuto avessero caratteristiche di pericolosità. Il mancato raggiungimento di tale prova faceva sì che il comune convenuto non fosse tenuto a risarcire i pregiudizi lamentati, non potendosi invocare né la violazione degli obblighi imposti dalle norme sul randagismo, né l'asserito erroneo posizionamento di alcune piastrelle, dal momento che a questo punto la caduta si poteva in maniera plausibile attribuire all'andatura troppo sostenuta del pedone, che non prestava la particolare attenzione in precedenza osservata nel camminare (Cass. Civ., Sez. III, 19 febbraio 2014, n. 3965).

Il Tribunale di Sciacca, nella sentenza resa il 2 maggio 2016, richiamando il più recente orientamento giurisprudenziale, ha ravvisato la fondatezza della pretesa risarcitoria avanzata nei confronti del comune dai prossimi congiunti di un motociclista deceduto a causa del violento urto con un cane randagio che era sbucato all'improvviso sulla sede stradale. Non tutte le voci di danno reclamate dagli attori sono state considerate meritevoli di ristoro: agli istanti è stato accordato un importo a titolo di lesione del rapporto parentale, determinato in applicazione dei parametri contenuti nelle tabelle milanesi, oltre a una somma destinata a rifondere le spese funebri.

Nondimeno la complessiva entità del risarcimento è stata dimezzata, in ragione del ravvisato concorso di colpa della vittima, cui poteva rimproverarsi di aver tenuto una condotta di guida imprudente. Invero, dalla ricostruzione della dinamica del sinistro e dai rilievi effettuati in loco, si deduceva che la velocità di marcia era stata eccessiva e, comunque, superiore al limite fissato in quel tratto di strada.

Trib. di Sciacca, 2 maggio 2016, n. 229

Archivio news

 

News dello studio

feb9

09/02/2017

Separazione: La nuova famiglia del marito può giustificare una riduzione dell’assegno per la moglie

Ove, a sostegno della richiesta di diminuzione dell’assegno di divorzio, siano allegati sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, il giudice deve verificare se si determini un effettivo

gen11

11/01/2017

Paga la compagnia telefonica se la migrazione da un altro gestore non va a buon fine

Paga la compagnia telefonica se la migrazione da un altro gestore non va a buon fineLa Compagnia telefonica è responsabile ai sensi dell’art. 2049 c.c. per l’attività illecita

giu9

09/06/2016

Stepchild-adoption: ancora una pronuncia favorevole dei giudici di merito

In presenza di una consolidata vita familiare, risponde all’interesse del minore l’adozione di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 44, comma 1 lett. d) l. 184/1983, da parte della

News Giuridiche

apr29

29/04/2025

Leasing e compravendita: una sentenza che cambia le regole del gioco

Il caso, le clausola arbitrale, la clausola

apr29

29/04/2025

Il danno da perdita del Superbonus 110 per inadempimento dell’appaltatore

L’onere di allegazione e probatorio a carico